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LE PRINCIPALI CAUSE DI LITI CONDOMINIALI: COME AGIRE?

La vita all’interno di un condominio non è sempre facile. Le liti condominiali sono, infatti, all’ordine del giorno. Se alcune trovano naturale e pacifica risoluzione, altre, invece, possono diventare un importante problema tanto da richiedere l’intervento di un Avvocato.

Il condominio è caratterizzato dalla coesistenza forzosa di singole e autonome proprietà esclusive, sicchè i rapporti fra condòmini devono improntarsi al principio di solidarietà sociale previsto dall’art. 2 della Costituzione.

Le liti condominiali hanno origine varia: piccole diatribe come i rumori molesti, la presenza di animali domestici indisciplinati o la ripartizione delle spese condominiali possono portare a scontri piuttosto violenti, finendo in cause civili o, in situazioni estreme, anche penali.

Il presente articolo, senza pretesa di esaustività, si sofferma sulle principali cause di liti condominiali e le loro conseguenze giuridiche.

Le infiltrazioni di acqua

Questione molto frequente e problematica è quella riguardante i danni causati dalle infiltrazioni di acqua provenienti tanto dalle aree comuni del condominio quanto dalle abitazioni di altri condomini.

Nel primo caso è evidente che l’intero condominio sarà responsabile per le infiltrazioni che provengono dalle aree comuni dell’edificio; sarà, cioè, onere dell’amministratore, in qualità di rappresentante dell’intero condominio, provvedere alle riparazioni che si rendono necessarie e il soggetto danneggiato potrà chiedere un risarcimento, che sarà ripartito tra tutti gli altri condòmini.

Nel secondo caso, invece, deve ritenersi responsabile per condotta negligente unicamente il condòmino che vi abita.

Accade sovente che in tale immobile abiti l’inquilino e che potrebbe essere lui stesso responsabile dei danni: in questo caso, a meno che il contratto di locazione non lo escluda espressamente, sarà possibile rivalersi anche sul proprietario dell’appartamento, oltre che sull’inquilino che lo abita. Infatti, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 21788/2015), il proprietario dell’immobile conserva infatti la custodia delle strutture murarie e degli impianti che in esso sono inseriti, mentre il conduttore diviene custode delle altre parti.

È in ogni caso possibile andare esente da responsabilità dimostrando che l’infiltrazione non è imputabile a una propria condotta colpevole (sia che ci si trovi ad essere proprietario o inquilino dell’immobile da cui proviene l’infiltrazione): occorrerà, nello specifico, provare il caso fortuito, ossia un evento imponderabile, imprevisto e imprevedibile.

I rumori molesti

La legge non preveda espressamente un orario oltre il quale non è più possibile emettere rumore all’intero dei condomìni. Tuttavia la problematica trova disciplina nell’art. 844 c.c., il quale regola le cosiddette immissioni prevedendo che non sia possibile impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni causati dal vicino, se questi non superano la normale tollerabilità, tenuto anche conto delle condizioni del luogo. Pertanto, riguardo nello specifico ai rumori, per non essere classificato come molesto il rumore non deve superare la soglia della normale tollerabilità.

Di norma gli orari del silenzio sono solitamente definiti dai Regolamenti Condominiali. Essi, quindi, possono prevedere delle fasce orarie (che generalmente vanno dalle 08:00 alle 13:00 del mattino e dalle 16:00 alle 21:00 della sera) nelle quali vengono tollerati i rumori più fastidiosi. Al di fuori degli orari stabiliti dai singoli regolamenti condominiali è, dunque, necessario rispettare il silenzio per garantire il riposo altrui.

Quindi, una prima forma di tutela contro i rumori eccessivamente molesti è fornita proprio dal regolamento del proprio condominio. Quanto alla sanzione, è bene rammentare che l’art. 70 delle disposizioni attuative del Codice Civile stabilisce per le infrazioni al regolamento di condominio, il pagamento di una somma fino a 200 Euro.

Inoltre, chi subisce rumori classificabili come molesti da parte di altri condòmini potrà, altresì, rivolgersi ad un Avvocato per chiedere ed ottenere una tutela sul piano civilistico, chiedendo cioè al Tribunale il risarcimento di una serie di danni eventualmente subiti, quali, ad esempio, il danno dovuto alla consistente perdita di valore dell’immobile, oppure il danno da disturbo della quiete, o ancora eventuali danni alla salute provocati dell’esposizione prolungata ai rumori. In tal caso sarà onere di chi intende ottenere il risarcimento dimostrare sia il superamento del limite di normale tollerabilità, sia il danno subito. È, inoltre, possibile, richiedere sempre al Giudice civile la cessazione dell’attività rumorosa (tramite azione inibitoria) oppure chiedere di imporre misure adatte a ridurre la rumorosità (come l’insonorizzazione).

È bene ricordare che l’art. 10 della Legge sull’inquinamento acustico del 1995 ha introdotto una contravvenzione concernente l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica per chi superi determinati limiti di rumore.

Infine, è prevista come extrema ratio la tutela penale con la previsione del reato di disturbo della quiete pubblica, punito dall’articolo 659 del Codice Penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 Euro. Tuttavia affinchè sia possibile sporgere querela è necessario che gran parte del palazzo o del vicinato sia infastidito dai rumori e non una sola persona. La giurisprudenza è, poi, unanime nel ritenere che non ogni rumore è idoneo a integrare il reato di disturbo della quiete pubblica ma che il reato si configura solo ove i rumori eccedano il limite della normale tollerabilità, rifacendosi alla definizione fornita dal Codice Civile.

Gli animali

Le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali domestici nel proprio appartamento, con la conseguenza che l’eventuale divieto imposto da un regolamento condominiale comporterebbe una illecita limitazione dei diritti del proprietario sulle porzioni di proprietà esclusiva e potrebbe essere disatteso senza alcun problema. Tuttavia un regolamento potrebbe impedire la detenzione di animali in condominio solo se approvato all’unanimità da tutti i condomini.

Il condominio potrebbe, poi, ottenere l’allontanamento di un animale domestico in presenza di condizioni legate ad un rischio per l’igiene o a patologie, come anche potrebbe vietare il possesso di animali esotici, i quali potrebbero essere considerati animali non domestici.

Per tutelare l’incolumità delle persone e degli altri animali, nelle parti comuni occorrerà rispettare alcune regole, come quella di portare il cane al guinzaglio o utilizzare la museruola se il cane è particolarmente aggressivo o appartiene alla categoria dei cani considerati a rischio, così come utilizzare sacchetto e paletta per raccogliere le feci, e, infine, premurarsi di curare l’animale se mostra segni di malattia contagiosa per altri animali o per gli esseri umani. Gli animali domestici non devono, poi, compromettere l’igiene dei luoghi comuni.

Interessante è, poi, la problematica degli animali che recano rumore.

Premesso che il rumore occasionale non può costituire un problema: si configura quando, ad esempio, l’abbaiare è continuo ed impedisce agli altri condomini di riposare, il che potrebbe comportare il disturbo altrui e addirittura un danno alla salute.

Se il cane che abbaia arreca disturbo a gran parte del condomino può essere considerato alla stregua di un rumore molesto; sarà possibile, dunque, chiedere l’intervento di un Avvocato per adire il Tribunale affinché venga ordinato al padrone dell’animale di adottare le misure necessarie onde evitare l’inquinamento acustico e per ottenere il risarcimento del danno.

I rumori molesti provocati dal proprio animale domestico possono, altresì, essere puniti penalmente come reato di disturbo della quiete pubblica, se ne ricorrono i presupposti. Peraltro le Forze dell’ordine, con l’autorizzazione del tribunale, quando vi è pericolo di reiterazione del reato potranno provvedere addirittura al sequestro preventivo dell’animale.

Gli animali potrebbero anche provocare danni a cose, persone o altri animali. La legge prevede la responsabilità sia civile che penale dei proprietari in caso di danni o lesioni, ad esempio tramite risarcimento del danno oppure addirittura tramite il reato di lesioni.

I bambini

È possibile che anche il rumore provocato dai bambini origini delle liti condominiali.

La regola è sempre quella per cui i rumori non devono superare la normale tollerabilità ma, in ogni caso, si dovrà sempre tenere conto della particolare situazione, con la precisazione che rimangono sempre prioritari i bisogni e i diritti del minore. D’altra parte, in alcuni casi i genitori potrebbero essere chiamati ad intervenire per ridurre le turbative dovute al rumore molesto provocato dal figlio.

Questione connessa è quella del diritto all’uso, in particolare al gioco, negli spazi condominiali come il cortile. 

Un aspetto da tenere in considerazione è il fatto che l’uso delle parti comuni è libero per ciascun condomino, nel rispetto di determinate condizioni (art. 1102 Codice Civile) ma può essere liberamente disciplinato dal regolamento condominiale. Quest’ultimo potrà, quindi, definire le fasce orarie in cui è vietato giocare in cortile, ed anche stabilire che un certo spazio condominiale debba essere adibito a uno specifico uso: se un’area è adibita ad altro scopo, ad esempio a parcheggio o a giardino, l’utilizzo della stessa per un’attività ricreativa potrà essere legittimamente contestato da altri condomini.

Biciclette e motocicli nell’androne

L’androne è classificato come spazio comune del condominio che appartiene a tutti i condomini, i quali quindi ne possono fare uso libero, nel rispetto tuttavia di alcune condizioni (art. 1102 c.c.). Sulla base di questa circostanza è possibile che alcuni condomini utilizzino l’ingresso del palazzo per depositare biciclette o motorini.

Ma è legittimo questo comportamento? È vero, però, che non è possibile impedire agli altri condomini l’utilizzo delle aree comuni, e dunque non è possibile occupare con le bicilette o i ciclomotori una porzione eccessivamente ampia dell’area comune tanto da impedire agli altri condomini di farne anche loro uso. Inoltre non è ammesso l’uso della cosa comune che comporti l’alterazione del decoro dell’edificio. Un ruolo importante può svolgere, poi, il regolamento condominiale che può disciplinare l’uso delle cose comuni e non sarà possibile utilizzare l’area comune per scopi diversi da quelli per cui tale area è prevista.

In conclusione non è possibile parcheggiare la bicicletta o il ciclomotore nell’androne sia per il fatto che questo comportamento impedisce agli altri condomini il medesimo utilizzo e, soprattutto, perché ciò finisce per alterare la destinazione cui tale spazio è designato, salva una diversa volontà dell’assemblea condominiale.

Discorso diverso vale se il parcheggio avviene nel cortile: in questo caso non verrà, infatti, violata la destinazione d’uso dell’area.

Il parcheggio nel cortile condominiale

Senza dubbio il condòmino che parcheggi la propria autovettura in una porzione di cortile condominiale, in modo da non consentire l’uso del cortile o di gran parte di esso agli altri condomini, viola il già citato articolo 1102 c.c. sull’uso della cosa comune. Inoltre sarà possibile parcheggiare nel cortile comune avendo cura di non ostacolare l’accesso e il transito verso l’esterno e di non dare fastidio: ad esempio non è possibile lasciare l’autovettura con il motore acceso a ridosso delle finestre del primo piano, perchè ciò creerebbe fastidio.

Soventi diatribe condominiali sorgono nel caso in cui il cortile sia troppo piccolo per ospitare tutte le autovetture dei condomini. In tal caso, chi possiede una seconda vettura dovrà parcheggiarla fuori dallo stesso. Inoltre una soluzione adottabile, qualora le dimensioni del cortile condominiale non consentano la sosta contemporanea di tutti i condomini, sarebbe quella di adozione di una delibera dell’assemblea condominiale con la quale si preveda il pagamento di una quota per il parcheggio ovvero la turnazione.

Sporcizia, briciole o acqua dal balcone

Può integrare il reato di getto di cose pericolose o atte a imbrattare l’azione del condòmino di gettare dal proprio terrazzo o dalla propria finestra dell’acqua, delle briciole o dei rifiuti che finiscano sul terrazzo del piano sottostante o nel cortile comune.

Nello specifico, fattispecie viene regolata dall’art. 674 del Codice Penale, che punisce “chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone”, ed è collocata nell’ambito delle contravvenzioni di polizia a tutela dell’incolumità pubblica.

Teniamo presente che solitamente tale comportamento integra gli estremi del reato solamente se l’operazione si svolga in un luogo privato o adibito all’uso comune; inoltre per la sussistenza del reato è richiesto che la cosa gettata o versata abbia una potenzialità nociva. Tuttavia il fatto che detto comportamento non configuri spesso un reato non esclude nella maggior parte dei casi l’illecito civile; se infatti vengono provocati dei danni alla altrui proprietà o persona sarà possibile ottenere un risarcimento.

Fumi e cattivi odori

Secondo la giurisprudenza, nella condotta colpevole punita dall’articolo 674 c.p. rientrano anche le molestie olfattive e quindi l’emissione di sostanze nell’aria in grado di danneggiare o anche solamente di molestare gli altri. Può dare luogo alla fattispecie di reato di gettito di cose pericolose anche la produzione di cattivi odori, siano essi provenienti da animali o da un’abitazione non pulita o ancora provenienti da una cucina, qualora siano di una tale intensità da arrecare molestia o disturbo ai vicini. Si realizza tale reato, altresì, se la molestia alle persone è provocato da gas, fumi o vapori, ad esempio provenienti dalla canna fumaria di un impianto di riscaldamento non conforme alla normativa.

Ricordiamo che anche in caso di molestie olfattive ai danni di altri condomini sarà possibile, in alternativa alla denuncia, perseguire la strada di una tutela in sede civile. La norma di riferimento per le immissioni intollerabili è il già citato articolo 844 c.c., a mente del quale le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, (così come i rumori) non possono superare la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Uso della terrazza condominiale

La terrazza condominiale si differenzia da quelle ad uso esclusivo in quanto tutti vi possono accedere, e possono utilizzarla per le funzioni a cui è stata adibita (ad esempio per stendervi i panni) se pur a condizione di non impedire agli altri condomini l’utilizzo della stessa, come abbiamo già chiarito con riguardo agli spazi comuni.

Si può organizzare una festa sul terrazzo condominiale? Bisogna sempre tenere presente che il regolamento condominiale potrebbe impedire questo determinato uso della terrazza, in quanto parte comune e nel qual caso la festa sarebbe da ritenersi vietata. Inoltre occorrerà rispettare le norme che regolano gli schiamazzi e i rumori molesti.  È comunque buona norma avvisare gli altri condomini. Infine, da non dimenticare, per evitare di incorrere in qualsivoglia tipo di responsabilità, a festa terminata sarà d’obbligo pulire il terrazzo e lasciarlo come lo si è trovato, senza alterarne il decoro.

Come agire? La mediazione

Prima di poter avviare una causa, bisogna obbligatoriamente tentare la mediazione presso organismi designati. In caso una controversia immobiliare o condominiale, prima di instaurare il giudizio, colui che vuole intraprendere la causa deve tentare una mediazione (cosiddetta mediazione obbligatoria); la procedura può essere iniziata anche dal condominio stesso.

La mediazione è obbligatoria in caso di liti condominiali che derivano dal mancato rispetto o dall’errata applicazione delle norme del Codice Civile; è altresì obbligatoria la mediazione tutte le volte in cui si agisce per la violazione del regolamento condominiale. In sintesi mentre sono soggette al procedimento di mediazione le liti tra condominio e condomini e quelle tra condomini e amministratore, ne restano, invece, escluse quelle che riguardano i rapporti tra i proprietari. Ad esempio in caso di azione di risarcimento di un proprietario per danni da infiltrazione d’acqua la mediazione sarà obbligatoria solo quando una delle due parti è il condominio, ma se la causa dell’infiltrazione è un appartamento privato la mediazione non è più necessaria.

Nei casi in cui è necessaria, se la mediazione non è esperita, il giudice assegna alla parte un termine per procedere con la mediazione e, in caso non dovesse farlo, estinguerà il giudizio.  Se, invece, la mediazione ha luogo e l’accordo non riesce, la parte potrà allora procedere in via giudiziale.

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